Nelle raccolte pre-belliche della casa-museo di Legnago le armi bianche dell’Adige occupavano alcune vetrine del piano terra di palazzo Fioroni: «in una stanzetta fra due salotti», come ricordava Maria Fioroni nella sua ‘storia del museo’ scritta verso la metà degli anni ’60.
Per la loro esposizione vennero prese a modello le grandi vetrine del Castello Sforzesco di Milano «nelle quali il materiale era abbondantemente esposto». Nell’unica immagine che si è conservata di quel primo e abbozzato allestimento museale, databile agli inizi degli anni ’40, le armi bianche sono infatti disposte a panoplia, con le modalità proprie di uno stile più attento all’effetto ornamentale che alla esatta contestualizzazione storica e tipologica degli oggetti.
Dopo l’8 settembre 1943 e l’inizio dei combattimenti nell’Italia settentrionale, assieme alle altre raccolte di casa Fioroni, tra cui spiccavano le collezioni di reperti romani provenienti dalle Valli Grandi Veronesi e la nutrita serie di cimeli risorgimentali, anche le armi bianche dell’Adige vennero ‘sfollate’ in Brianza (luglio 1944), dove Maria Fioroni aveva provvidenzialmente pensato di mettere al sicuro il ‘suo’ domestico museo, salvandolo così dalla distruzione e dalla sicura dispersione.
A poche settimane di distanza dall’avventuroso viaggio «con due camion scassati» sui quali erano stati caricati in tutta fretta quanti più oggetti possibili, il 17 settembre 1944 palazzo Fioroni venne infatti parzialmente distrutto da due bombe dirompenti, in uno degli innumerevoli bombardamenti aerei che rasero al suolo il centro della cittadina atesina.
Alla fine della guerra, la casa-museo risorse dalle macerie, ricostruita tra il 1946 e il 1948 e completamente adattata per ospitare il rinato museo dedicato a Legnago e alla sua storia millenaria.
Maria Fioroni decise fin da subito che tra le sale del ‘nuovo’ palazzo Fioroni la raccolta delle armi bianche dell’Adige avrebbe dovuto avere un posto di indubbio rilievo, collocandola nell’ampio salone centrale del piano terreno, quasi a voler accogliere, facendo gli onori di casa, i visitatori che si accingevano a ripercorrere uno straordinario ‘tuffo’ nel passato della pianura veronese.
La ‘sala delle armi’, come venne da allora chiamata, fu riallestita sulla base di criteri espositivi attenti alla differenziata cronologia dei reperti, suggeriti dal noto studioso italiano delle ‘arti minori’ Giuseppe Morazzoni che nel 1950 redasse il primo studio critico dedicato alle armi bianche legnaghesi. Il volume intitolato ‘Maioliche e armi antiche di Legnago’, pubblicato grazie alla munificenza di Maria Fioroni dall’Associazione Amatori Armi Antiche del celebre Museo della Pusterla di Milano, uscì in una doppia edizione, italiana ed inglese, contribuendo così a far conoscere nel mondo dei connoisseurs e nei musei italiani, europei e anche americani le importanti scoperte della ‘piccola’ Legnago.