Verona

Durante il ventennio circa di dominio francese avvenne, com’è noto, lo smantellamento quasi totale del sistema fortificatorio di origine veneziana. I transalpini demolirono completamente, o in parte, i castelli di S. Felice e S. Pietro, la torre del ponte di Castelvecchio – risalente all’epoca scaligera – e le tenaglie esterne alle porte della città. Anche i bastioni a sud dell’abitato furono seriamente manomessi e danneggiati.

Nel complesso, dunque, il sistema difensivo, ereditato dopo il 1815 dagli austriaci, sembrò poco adatto a contenere gli urti dei nuovi mezzi d’artiglieria. I primi veri lavori di ristrutturazione delle difese scaligere iniziarono tra il 1833 e il 1836 quando vennero definitivamente eliminati i resti non riutilizzabili delle opere sammicheliane e furono rifatti i bastioni della cinta magistrale nella parte in piano alla destra dell’Adige.

In seguito, dal 1837 al 1842, fu rafforzata la parte di cinta in collina, a sinistra dell’Adige, venne quasi completamente ricostruito il castello di S. Felice, rinforzati i bastioni S. Giorgio e S. Toscana e implementato il muro presso Porta Vittoria. Altri lavori riguardarono la cinta alla destra dell’Adige con il consolidamento dei bastioni di Spagna, S. Procolo e S. Francesco; fu ampliata anche porta Nuova. Inoltre, nello stesso periodo, si procedette alla costruzione dei primi forti staccati, molto vicini comunque alla cinta magistrale, utili per battere zone defilate. Si trattò dei forti S. Procolo, Scholl sulla destra dell’Adige, le quattro torricelle massimiliane e i forti Biondella, S. Leonardo, S. Mattia e S. Sofia sulla collina a sinistra dell’Adige.

Dopo la campagna del 1848, il comando militare austriaco capì che la tattica di Radetzky, alla fine rivelatasi vincente, poté concretizzarsi solo grazie alla possibilità di avvalersi delle quattro piazzeforti di Verona, Peschiera, Mantova e Legnago come di un complesso unitario. Di fondamentale importanza l’area compresa tra queste piazze che poteva essere utilizzata come pedana di lancio per le eventuali controffensive.

Il fatto però che l’esercito piemontese fosse riuscito a forzare le difese di Peschiera e a minacciare da vicino Verona, durante la sortita di S. Lucia, rese evidente anche la necessità di potenziare le difese scaligere dando corso alla costruzione delle opere esterne già progettate da Scholl che avrebbero dovuto avere mediamente un chilometro di distanza dalla cortina muraria e sorgere a circa 800 metri l’una dall’altra.

Dopo la guerra del 1859, durante la quale il Quadrilatero di fatto non fu mai seriamente minacciato, le autorità austriache dovettero comunque fare i conti sia con la perdita della Lombardia, sia con la costituzione del nuovo stato italiano. Non si potevano inoltre ignorare i grandi passi in avanti compiuti dalle artiglierie. A Verona tutto ciò si tradusse, tra il 1859 e il 1866, nella costruzione di una nuova cerchia di forti staccati che tenne conto della gittata notevolmente maggiore dei cannoni rigati. Gli intervalli tra i forti erano compresi tra i 900 e i 3.500 metri, e le opere retrostanti distavano tra i 700 e i 1.800 metri mentre la distanza con la cinta magistrale variava tra i 2.500 e i 3.700 metri. [Federico Melotto]